Dal 1998, tanti tentativi di imitazione!                       

 





 

 

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Stretching nuove frontiere

  Proveniente dalla cultura dell’aerobica americana, lo stretching è approdato in Europa e in Italia seguendo il percorso tipico delle mode, l’etimologia della parola deriva dall’inglese “To Stretch" che in italiano significa allungamento. Inventato da Bob Anderson, esso consiste nel portare lentamente al limite del campo di allungamento il muscolo o le aree muscolari interessate. Da alcuni decenni è entrato a far parte di tutti i programmi di allenamento, sia per sport di potenza che per sport di resistenza, prima, durante e dopo la prestazione. Negli ultimi tempi però molte evidenze scientifiche sono contraddittorie alla didattica internazionale sul tema riguardante una branca dello stretching quello “statico”. Diversi articoli  pubblicati sulla più autorevole rivista scientifica sulla ricerca nelle Attività Motorie, ovvero Scuola dello Sport CONI, mette in evidenza alcune ricerche provenienti dalle maggiori Università Europee. Gli  studi si riferiscono alle discipline di forza e potenza, quindi non è attendibile nelle discipline di resistenza e nelle discipline in cui è richiesta una grande escursione articolare (danza, arti marziali, ginnastica). Vengono disattesi alcuni influssi benefici che lo stretching ha sull’organismo, ciò non significa che d’ora in avanti si debbano ripudiare in blocco gli esercizi di allungamento. Diversi studi hanno riscontrato la diminuzione del salto in alto verticale dopo avere eseguito esercizi di riscaldamento con allungamento. Alcuni autori spiegano l’effetto negativo dello stretching sulla performance, (quando viene eseguito prima del riscaldamento) dando un nome a questo fenomeno ovvero “creeping”, in pratica durante un esercizio di stiramento ampio e prolungato il tendine si allunga, ciò dispone le fibre in allineamento, mentre esse solitamente hanno un orientamento obliquo, si spiegherebbe così il guadagno in allungamento, che tuttavia si accompagna ad una minore capacità di immagazzinare energia elastica. Per quanto riguarda lo stretching utilizzato per prevenire i traumi, alcuni autori hanno dimostrato che gli stiramenti passivi sottopongono i muscoli interessati a tensioni equivalenti a tensioni muscolari massimali, le strutture elastiche passive del sarcomero (titina) sono molto sollecitate e aumenta la possibilità che subiscano dei microtraumi, si ritiene che ciò costituisca un rischio per la gara. Infine si utilizza molto lo stretching dopo l’allenamento per “defaticare” il muscolo, ma anche su questo aspetto alcune ricerche sono contraddittorie, difatti è emerso che, “Gli stiramenti di tipo statico comprimendo i capillari, ostacolano l’afflusso di sangue e ciò comporta una diminuzione della rigenerazione proprio nei muscoli che più necessitano di recupero”.

Dott. Andrea CANTELMI Chinesiologo


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