ALLENIAMOCI
Stretching nuove frontiere
Proveniente dalla
cultura dell’aerobica americana, lo stretching è approdato in Europa
e in Italia seguendo il percorso tipico delle mode, l’etimologia
della parola deriva dall’inglese “To Stretch" che in italiano
significa allungamento. Inventato da Bob Anderson, esso consiste nel
portare lentamente al limite del campo di allungamento il muscolo o
le aree muscolari interessate. Da alcuni decenni è entrato a far
parte di tutti i programmi di allenamento, sia per sport di potenza
che per sport di resistenza, prima, durante e dopo la prestazione.
Negli ultimi tempi però molte evidenze scientifiche sono
contraddittorie alla didattica internazionale sul tema riguardante
una branca dello stretching quello “statico”. Diversi articoli
pubblicati sulla più autorevole rivista scientifica sulla ricerca
nelle Attività Motorie, ovvero Scuola dello Sport CONI, mette in
evidenza alcune ricerche provenienti dalle maggiori Università
Europee. Gli studi si riferiscono alle discipline di forza e
potenza, quindi non è attendibile nelle discipline di resistenza e
nelle discipline in cui è richiesta una grande escursione articolare
(danza, arti marziali, ginnastica). Vengono disattesi alcuni
influssi benefici che lo stretching ha sull’organismo, ciò non
significa che d’ora in avanti si debbano ripudiare in blocco gli
esercizi di allungamento. Diversi studi hanno riscontrato la
diminuzione del salto in alto verticale dopo avere eseguito esercizi
di riscaldamento con allungamento. Alcuni autori spiegano l’effetto
negativo dello stretching sulla performance, (quando viene eseguito
prima del riscaldamento) dando un nome a questo fenomeno ovvero “creeping”,
in pratica durante un esercizio di stiramento ampio e prolungato il
tendine si allunga, ciò dispone le fibre in allineamento, mentre
esse solitamente hanno un orientamento obliquo, si spiegherebbe così
il guadagno in allungamento, che tuttavia si accompagna ad una
minore capacità di immagazzinare energia elastica. Per quanto
riguarda lo stretching utilizzato per prevenire i traumi, alcuni
autori hanno dimostrato che gli stiramenti passivi sottopongono i
muscoli interessati a tensioni equivalenti a tensioni muscolari
massimali, le strutture elastiche passive del sarcomero (titina)
sono molto sollecitate e aumenta la possibilità che subiscano dei
microtraumi, si ritiene che ciò costituisca un rischio per la gara.
Infine si utilizza molto lo stretching dopo l’allenamento per
“defaticare” il muscolo, ma anche su questo aspetto alcune ricerche
sono contraddittorie, difatti è emerso che, “Gli stiramenti di tipo
statico comprimendo i capillari, ostacolano l’afflusso di sangue e
ciò comporta una diminuzione della rigenerazione proprio nei muscoli
che più necessitano di recupero”.
Dott. Andrea
CANTELMI Chinesiologo
Scrivete a Roberto
Tognalini
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