Capire quale sia l’origine del dolore, questo
è il presupposto per una corretta valutazione clinica del paziente che
riferisce dolore lombare. Un normale comportamento statico e dinamico
della colonna non può coesistere col dolore: da qui dobbiamo iniziare.
LOMBALGIE DI ORIGINE POSTURALE
In fase statica (da fermi) la maggior parte
delle condizioni dolorose può dipendere dall’accentuazione della
lordosi lombare (cioè dall’aumento di quella normale curvatura
della colonna lombare che, per capirci, è così evidentemente
accentuata nelle donne in avanzato stato di gravidanza = pancia in
fuori e sedere in dietro). La conseguenza meccanica di tale
modificazione posturale a livello dell’ultimo spazio intervertebrale
determina uno stiramento del legamento anteriore ed un avvicinamento
delle parti ossee posteriormente, determinando irritazione e, a lungo
andare, una pseudo-artrosi con dolore anche intenso ad ogni movimento
in senso iperestensorio (all’indietro). L’avvicinamento della parte
posteriore delle vertebre può anche determinare un interessamento in
senso irritativo delle radici nervose con dolore irradiato lungo la
gamba o la comparsa di spasmi muscolari dolorosi (e vai a
mangiare banane o a riempirsi di reintegratori!!!).
LOMBALGIE DI
ORIGINE CINETICA
In questo caso le cause possono essere legate
ai seguenti fondamentali meccanismi:
·
Sollecitazioni anormali su una colonna normale.
Si ha quando un carico è eccessivo o la struttura (normale) è
sollecitata per tempi eccessivi, tanto da sopraffare la resistenza
muscolare e da permettere quindi che lo sforzo si ripercuota
direttamente sulle articolazioni danneggiandole in senso distorsivo.
All’inizio avremo un dolore determinato dall’ischemia muscolare con
accumulo di cataboliti tossici = contrattura, quindi un dolore da
stiramento delle strutture di connessione all’osso (periostio), poi
distorsione delle articolazioni vertebrali con aggravamento della
contrattura antalgica della schiena e grave limitazione dei movimenti.
Questo è un motivo per il quale consiglio di fermarsi quando si
sente rigidità muscolare lombare dopo sforzo o un allenamento pesante.
·
Sollecitazioni normali su una colonna anormale.
Una colonna strutturalmente alterata può anche godere di una
funzionalità apparentemente normale; ma una sollecitazione largamente
sopportabile da una colonna normale può risultare eccessiva per una
colonna alterata. Possiamo ricordare:
1.
Scoliosi strutturale. Il dolore che accompagna i
movimenti di una colonna scoliotica può presentarsi in due diverse
situazioni: nella flessione dipende essenzialmente dalla
distensione eccessiva dei legamenti; nella ri-estensione
(rialzandosi) il dolore dipende da una sublussazione delle faccette
articolari e quando il movimento è forzato oltre un certo limite, le
articolazioni vengono a contatto e si bloccano (e addio
allenamenti!!!).
2.
Scoliosi funzionale. Può dipendere da una limitazione
unilaterale dell’articolazione dell’anca che così impedisce una
rotazione simmetrica del bacino. Ancora una volta il grosso problema
si ha nella ri-estensione dalla posizione flessa e in particolare
quando il movimento del rialzarsi si attua di scatto, con troppa forza
e a tronco ruotato (così come vedo fare dopo l’allenamento da molti
atleti quando eseguono esercizi “ginnici” del tempo che fù e peraltro
assolutamente inutili oltre che, a volte, pericolosi). In questi casi
la sede del dolore è rappresentata dall’articolazione coinvolta,
compressa ed irritata e dalla sua possibile sublussazione. La
contrattura muscolare di difesa che ne consegue agisce inoltre sui
dischi intervertebrali aggravando ulteriormente il processo in atto.
Questo è il motivo per cui molte “terapie” decontratturanti (che tanto
hanno fatto bene al sor Giuseppe, o a mio cugino Pasquale, o a
quell’amico mio risultano spesso inutili o quanto meno
“provvisorie”).
3.
Rigidità dei muscoli posteriori delle cosce. Limita
l’escursione rotatoria del bacino, per cui la flessione del tronco può
avvenire solo forzando l’incurvamento anteriore del tratto lombare con
conseguente sovradistensione legamentosa e dolore acuto. Il ripetersi
di simili azioni porta al cedimento ed all’allungamento della
struttura legamentosa con conseguente instabilità della colonna (da
qui in poi la schiena farà male anche soltanto guardando gli altri
correre).
4.
Rigidità lombo-sacrale. Qui il meccanismo di produzione
del dolore è opposta. La rotazione del bacino è normale, mentre è la
flessione del tratto lombo-sacrale che è ostacolata. Ogni
tentativo di flessione forzata provocherà sovradistensione dolorosa
del legamento posteriore, delle capsule articolari e dei muscoli
paravertebrali e poi dei muscoli posteriori delle cosce.
LOCALIZZAZIONE DEL DOLORE
Il medico NON deve accontentarsi della
generica denuncia di “dolore alla parte bassa della schiena” ma deve
stabilire, con la massima accuratezza possibile (e spesso è molto
difficile), quale sia la localizzazione del dolore.
L’esame fisico deve essere accurato e
completo, cioè comprendere l’esame neurologico, posturologico e i
relativi esami (quali e quando necessari):
1.
L’esame NEUROLOGICO per la valutazione del
coinvolgimento e degli eventuali danni a strutture nervose. Può
mettere in evidenza danni misconosciuti perché al momento asintomatici
(senz’altro non così in un più o meno prossimo passato: una lontana e
dimenticata sciatica ora “guarita”), oppure selezionare e/o appurare a
quale livello nasce l’attuale sintomatologia escludendo “parti” della
sintomatologia dolorosa riferita, dovuta ad altra patologia (qualcuno
non vi ha mai parlato della lombalgia urologica, o di quella
ginecologica, o di quella gastro-enterologica?).
2.
L’assetto POSTURALE che comprende l’ispezione del
profilo, la posizione delle ginocchia e dei piedi, l’assetto cervicale
(ve n’eravate dimenticati?).
3.
La verifica dell’ALLINEAMENTO DEL BACINO che ci da
inoltre una determinazione della lunghezza degli arti. L’apprezzamento
di una differenza anche modesta fra la lunghezza di un arto inferiore
ed il controlaterale è di grande importanza, poiché è da un preciso
sviluppo degli arti inferiori che dipende l’equilibrio dell’assetto
del bacino e di conseguenza della colonna vertebrale. E non sono
neanche d’accordo con quanti considerano ininfluenti pochi millimetri
di differenza poiché, se questo può essere vero nell’atto del
camminare e nella vita quotidiana, i pochi millimetri diventano
“metri” se li moltiplichiamo per le centinaia di migliaia di passi di
corsa che un runner compie e spesso anche sotto carico. Il rilievo di
una differenza di lunghezza necessita di tutti gli accertamenti per
stabilirne l’origine: un ginocchio varo o valgo monolaterale,
pregressi interventi chirurgici o fratture, un appoggio non corretto
di uno dei piedi e così via.
4.
La valutazione del RITMO LOMBO-PELVICO cioè del
movimento del piegarsi in avanti ed in dietro al fine di evidenziare i
possibili difetti di cui vi ho parlato sopra. Ciascuna componente deve
essere attentamente studiata sia in sé che in relazione alle altre
dinamiche:
·
Un deficit dell’inversione (flessione lombare in avanti)
indica l’esistenza di una contrattura muscolare o di una limitazione
meccanica per alterazione anatomica delle articolazioni, dei legamenti
o della muscolatura.
·
Un arresto della rotazione pelvica (cioè del bacino in
senso antero-posteriore) può dipendere da rigidità dei muscoli
posteriori delle cosce, da irritazione sciatica o compromissione
anatomica dell’articolazione dell’anca.
·
Un prematuro ripristino della lordosi nella
ri-estensione del tronco fa sì che il carico gravi sulla colonna in
modo eccentrico per sostenere la colonna stessa. Nel tentativo di
limitare questa condizione, la colonna lombare tende a posizionarsi in
IPERlordosi, atteggiamento che può comportare l’impatto delle faccette
articolari posteriori (già riavvicinate in conseguenza della
contrattura muscolare) che a questo punto sopportano tutto il carico e
che vanno rapidamente incontro ad irritazione acuta e blocco (in
particolare se nel movimento di ri-estensione il tronco è anche poco
ruotato). |